“Navegador” è una delle più belle e singolari sillogi di poesie di Nilto Maciel, poeta brasiliano che predilige l’astrazione e la metafora: il navigatore è l’uomo che con i suoi occhi scopre il mondo. La predilezione per l’astrazione è già visibile scorrendo soltanto alcuni titoli delle sue liriche: Sogno, Odissea interiore, Riflessioni, Illusioni, Insonnia, Destino, Immagini, Apocalisse. La poesia scorre sul sottile filo della introspezione. Il poeta, infatti, sa guardare dentro di sé come dentro ogni uomo, perché suo intento è rappresentare l’uomo universale e proprio questa sua universalità lo rende grande. Francisco Carvalho, uno dei più importanti poeti brasiliani contemporanei, nel libro “Textos & Contextos” dedica uno studio alla sua opera scrivendo che egli è, senza alcun dubbio, uno dei nomi più rappresentativi della moderna letteratura brasiliana. Autore di racconti, romanzi o poesie, rivela la straordinaria versatilità del suo talento creativo. Egli è un ammirevole scrittore in quanto possiede capacità, immaginazione, invenzione, tecnica narrativa ed espositiva, proprio come deve possedere un buon narratore. L’intreccio della sua finzione è un complesso ingegnoso di contenuti essenziali, sapendo con grande abilità condurre la narrazione o risolvere armoniosamente le situazioni immaginate.
Bellissima in tal senso ed emblematica è la poesia “Navegador” che dà il titolo all’intera silloge. Gli occhi ciechi navigano, alla sprovvista, in un mare in tempesta, quasi sperdute imbarcazioni senza timone. Ma quegli occhi, che diventano muti, sanno intravedere le onde che generano la tempesta. Proprio quegli occhi, che in una terza fase diventano sordi, sanno anche mostrare canti di dolore, di morte e di solitudine. Il linguaggio metaforico qui è molto chiaro. Il navigatore è l’uomo che deve affrontare la vita quotidiana e tutti i suoi pericoli, non solo fisici, ma pure sentimentali, politici e sociali. L’uomo ogni giorno si imbatte in mille problemi. Ma alla fine raggiunge la pace e la quiete interiore. La poesia richiama un’ode del grande poeta latino Orazio: «O navis, referent in mare te novi / fluctus. O quid agis? Fortiter occupa / portum. Nonne vides ut / nudum remigio latus / et malus celeri saucius Africo / antemnaeque gemant…?» che significa: «O nave, nuovi flutti ti spingono in alto mare. Che fai? Entra subito nel porto. Non vedi come il tuo fianco è scoperto e l’albero è ferito dal veloce vento mentre le antenne gemono?». La poesia di Maciel, come spesso quella di Orazio, è una poesia tutta volta all’infinito. Malgrado le tempeste e le sofferenze interiori alla fine è la quiete a prevalere.
(Jornal “Il Convivio” n.º 3, ottobre-dicembre 2000, Castiglione di Sicilia (CT), Italia)
/////